Palermo

Liberato


Poema Epico

Del Cavalier Tomaso Balli

Ruggero, con il suo poderoso esercito, è accampato fuori Palermo, che dopo tre anni è ancora da espugnare. Egli decide di convocare un consiglio di guerra, suggerendo come strategia migliore per sconfiggere i saraceni assediati quella di assaltare le mura, poiché questi hanno stretto alleanza con Turchia e Marocco. La proposta riceve il consenso di tutti, ma Roberto il Guiscardo, più prudente e astuto, insieme al figlio Boemondo, suggerisce di pianificare attentamente un piano di attacco rinforzando il vallo.Sopraggiunge Battumeno portando notizie importanti dal regno di Tunisi, recate da un suo congiunto, Nichele, il quale narra la sua vicenda personale descrivendo come sia stato condannato a morte ingiustamente dal suo sovrano a causa di accuse dei cortigiani. La sua salvezza è giunta grazie all’intervento della moglie, dopo di che è fuggito e ha trovato rifugio presso la corte di Ruggero. Ruggero lo accetta a corte, ignaro del fatto che Nichele sia una spia musulmana. Durante un banchetto, Ruggero chiede a Nichele di riferire quale esercito stia preparando il suo re.

Nichele, su richiesta di Ruggero, si prepara a descrivere l’esercito del re tunisino Abdulmenen, sostenuto dal califfo d’Egitto e da Belfer, signore della Battriana: si tratta di una forza militare infinita, pronta a muoversi. Ruggero incoraggia i suoi uomini e congeda Nichele. Roberto si mostra diffidente sulla lealtà del tunisino, e suggerisce di mandare degli informatori per verificare le informazioni fornite da Nichele riguardo alle forze nemiche. Successivamente, compare l’eremita Angerio, che mette in guardia Ruggero a tal proposito. Interviene il demone Beleal, che incita Serlone a difendere l’integrità di Battumeno, accusato di complicità con Nichele. Alla fine, Ruggero congeda tutti.

 

 

Dio interviene a favore dei cristiani: convoca San Giorgio e lo invia sulla terra per allontanare il demone Beleal. Successivamente appare in visione a Ruggero, rassicurandolo sull’esito della guerra e avvertendolo sulla potenza del nemico, per cui lo esorta a rivolgersi al Papa per chiedere rinforzi.
Dopo aver convocato il consiglio di guerra, si delibera che sarà Roberto a recarsi a Roma per chiedere aiuto, e nel frattempo Boemondo agirà da suo rappresentante. Aimar suggerisce di fortificare l’accampamento e di chiudere tutte le porte. L’intero accampamento si anima per irrobustire le difese del vallo e per esercitarsi nelle armi. Nel frattempo, Nichele osserva la scena e invita a Battumeno a indicargli gli uomini più valorosi presenti nel campo, i quali vengono successivamente esaminati da quest’ultimo.

Apocaro rivede le difese della città e raduna il consiglio nel palazzo reale, incoraggiando i presenti a prepararsi per uscire in battaglia. L’esercito viene riunito nella piazza centrale e vengono esaminati i principali capitani saraceni. A Belcane viene affidato il comando. Infine, viene narrata la storia di Dorichino, uno dei comandanti, e della sua sposa Emirene, che lo supplica di non partire, esprimendo la sua disperazione.

Emirene, sopraffatta dal dolore fino a svenire, viene soccorsa da Fatima, sorella di Apocaro, che le rammenta un atteggiamento di maggior contegno, esortandola a riflettere sulle ragioni della guerra. Emirene raggiunge Dorichino sulla porta e gli dona un copricapo. Nel frattempo, l’esercito saraceno esce dalle mura sotto la guida di Belcane, mentre Apocaro osserva dalla sommità di una torre circondato dai suoi anziani consiglieri.
Belcane si dirige verso gli avversari cristiani, scontrandosi con il drappello guidato da Enrico, uccidendolo. I saraceni iniziano  a fare strage, ma i palermitani Uberto ed Ermanno intervengono per aiutare i cristiani in difficoltà, rispondendo con una pioggia di dardi sui saraceni. Belcane sprona i suoi uomini all’attacco, Ermanno si scontra con lui ma viene disarcionato; tuttavia riesce a rifugiarsi nel vallo insieme ai suoi compagni. Nel mentre Uberto viene fatto prigioniero.

Le truppe di Ruggero avanzano verso Belcane, che inizialmente assalta le mura, ma poi una volta in cima rendendosi conto della potenza dell’esercito cristiano, decide di ritirarsi. Nel farlo si trova ad affrontare Boemondo, che lo ferisce. Nel frattempo, Bettuno e il suo gruppo di Mori cercano di distruggere le difese e le tende cristiane, alla cui difesa sopraggiungono Aimaro e Gerniero. Quest’ultimo cattura Bettuno ferito e lo fa prigioniero. Nel corso del combattimento, Boemondo si distingue e Serlone uccide Dorichino. Con l’arrivo della notte, gli scontri vengono interrotti.

L’esercito pagano rientra nella città e Belcane, preoccupato per la sorella Emirene, finge che Dorichino sia disperso. Emirene, sconvolta, cade nella disperazione. Fatima le suggerisce di inviare qualcuno sulle tracce di Dorichino per verificare se sia stato ferito o fatto prigioniero. Si offre il giovane Eufile, accompagnato dall’amico Acerre. Di notte, guidati da un raggio lunare, i due giovani raggiungono l’accampamento nemico, incontrano un cavaliere e fingendosi cristiani vengono a conoscenza della morte di Dorichino.
Successivamente, incontrano Nichele, che, traditore, consegna loro un messaggio con istruzioni per un attacco imminente preparato dai cristiani: successivamente, lasciano il campo.
Infine, con l’ausilio della luce di una stella, individuano il corpo di Dorichino e lo adagiano su uno scudo.

Emirene, travolta dal dolore, trascorre la notte in angoscia. Alle prime luci del giorno, si affretta a salire su una torre nell’attesa di ricevere notizie sul suo amato sposo: lo vede essere portato senza vita da Eufile e Acerre, tornati dal campo nemico. Il re piange la morte del giovane, mentre Belcane promette vendetta, affermando che Serlone pagherà con la morte. Apocaro convoca i due messi, i quali raccontano di Nichele e gli consegnano le istruzioni ricevute. Emirene, ormai disperata, decide di porre fine alla sua vita. Nonostante i tentativi di Fatima di dissuaderla, durante il rito funebre, Emirene si uccide con un pugnale e i due amanti vengono sepolti insieme in una magnifica arca.

Arrivato sulla costa napoletana, Roberto viene bloccato da Satana, che, con l’intenzione di ostacolare il viaggio del Guiscardo verso Roma, crea un luogo paradisiaco in cui i cavalieri cristiani, ammalati dalle sirene, si addormentano. Roberto si accorge dell’inganno e ordina a tutti di tapparsi le orecchie, ma non riesce a evitarne l’effetto e cade anch’egli addormentato. San Giorgio interviene: mette in fuga le sirene, rimprovera Satana e risveglia i cristiani.
Successivamente, Roberto, risvegliatosi, fa vele al vento e raggiunge Roma, dove viene festosamente accolto dal Papa;
tra i due si scambiano doni. Roberto svolge la sua ambasciata, chiedendo aiuto militare. Il Papa, rispondendo alla richiesta, ordina ai veneziano di intervenire in favore dei Normanni, poi regala un gonfalone a Roberto.

Dopo la sfilata del clero, Roberto riceve un dono dal Papa uno stendardo e un’armatura da consegnare al fratello Ruggero.
La richiesta d’aiuto mediata dal Papa viene accolta favorevolmente dalle genti d’Italia, che si mobilitano e inviano un enorme contingente.
Le truppe si imbarcano e si dirigono verso la Sicilia.

Plutone riunisce il concilio infernale e incita i suoi ministri a influenzare negativamente le sorti dei cristiani. La maga Eneride riceve l’ordine di fermare la flotta, e per seguire il compito, provoca una tempesta in mare che obbliga i cavalieri d attraccare. In quel luogo crea un magnifico palazzo e, dopo aver condotto i capitani in un tour del palazzo e del giardino, offre loro un sontuoso banchetto. Successivamente, la maga, grazie a un liuto, tramuta i capitani e le navi rispettivamente in animali e ninfe.

Roberto è in navigazione verso Palermo quando Satana, istigando i demoni, scatena
una tempesta. Le preghiere di Roberto giungono a Dio, il quale calma le acque. Giunti a Itaca, Roberto, Matelda, Corrado e Averardo sono accolti in uno splendido palazzo da Enemburga, la moglie di Ruggero. Con l’avvicinarsi della notte, Roberto è tormentato dall’invidia nei confronti di Ruggero. Durante la notte, il demone Beleal si presenta a Roberto sotto le sembianze del fratello defunto Drogone, il quale lo esorta ad usurpare il regno del fratello. Risvegliatosi, Roberto chiede rinforzi dalla Puglia per conquistare i territori di Ruggero e ne saccheggia le città.
Enemburga avverte immediatamente il marito, che, ricevuto il messaggio, si prepara a lasciare la Sicilia per difendere la sua patria, ma Boemondo si arma per impedire la sua partenza.

Ruggero, in modo urgente, riunisce il consiglio di guerra, annuncia il tradimento di Roberto e la sua imminente partenza. Chiede ai suoi uomini di difendere il vallo e propone di affidare il comando ad Aimaro. Boemondo interviene difendendo il padre e minacciando di scatenare una guerra civile. Alzandosi in piedi, Ruggero ammonisce severamente il nipote accusandolo di ingenuità, e Boemondo reagisce brandendo la spada contro lo zio, il quale viene fermato da un intervento di Sant’Agata. Tuttavia, il giovane persiste e sfida Ruggero a duello. Serlone interviene, rimprovera Boemondo ordinandogli di ritirarsi e
successivamente si reca da Ruggero
consigliandogli di inviare Aimaro a parlare con Roberto, attendendo che Boemondo si calmi. Ruggero segue il consiglio e al suono della tromba da guerra, mentre i cavalieri si preparano, Boemondo decide di abbandonare il campo.

Un demone informa Nichele dell’assalto notturno dei musulmani assediati e gli fornisce istruzioni sul da farsi: dovrà liberare Bettuno e, insieme a lui, appiccare il fuoco alle macchine cristiane. Aletto riporta in città la notizia della partenza di Boemondo e dell’arrivo dei rinforzi guidati da Abdulmeneno. All’offensiva notturna si unisce anche Assangurre, che, giunto via mare, causa molte vittime tra i cristiani. Ruggero e i suoi uomini partecipano con grande valore al conflitto. Nichele, dopo aver liberato Bettuno, usa la polvere infiammabile per incendiare le macchine
cristiane. Ruggero nota Belcane allontanarsi dalla città e gli manda contro Serlone.
Ruggero, saggiamente, decide di concedere temporaneamente un leggero vantaggio
ai saraceni, che sono già pronti a ritirarsi.
Assangurre, lodato da Apocaro e desideroso di guadagnare ulteriori approvazioni, incendia le navi cristiane che formavano un anello per bloccare l’accesso al porto.

Il campo inizia a dubitare dell’autorità di Ruggero. All’indomani Ruggero si riunisce con gli uomini più fidati per elaborare una strategia che possa, non solo rinvigorire i soldati che si mostrano diffidenti e ribelli nei suoi confronti, ma anche mettere in ginocchio l’esercito nemico. Aimaro propone di simulare una ritirata, provocando così uno scontro tra i due eserciti. E così accade: quando le forze cristiane sono sull’orlo di lasciare il campo, i Mori escono armati dalla città per affrontarle. I cristiani si preparano a sostenere l’urto. La battaglia si mostra subito come lo scontro tra i migliori eroi dei due schieramenti. Belcane affronta le truppe nemiche con una squadra di cavalieri e uccide il bellissimo Riccardo. Al calare della notte, Ruggero si ritira nel vallo.

Come da accordi, Ruggero manda Aimaro per trattare con suo fratello Roberto.
Successivamente, decide di inviare Vercello come ambasciatore per chiedere ad Apocaro un periodo di tregua che gli permetta una degna sepoltura delle vittime. Chiede poi a Serlone di raggiungere Boemondo e Aimaro, incaricandolo di portare la richiesta a Roberto.
Il giorno successivo, Vercello si reca da Apocaro e chiede sei giorni di tregua. Apocaro raduna il consiglio per discutere la richiesta di tregua, che alla fine viene concessa. Durante le operazioni di sepoltura, tra i becchini c’è Perennio, che, di fronte al corpo senza vita del figlio, non riesce a sopravvivere al dolore. Successivamente,  viene eretta una pira funebre per bruciare i corpi dei valorosi defunti. Nel frattempo, Ruggero rafforza le difese del campo.

Determinato a dimostrare che non è in combutta verso Nichele, Battumeno chiede a Ruggero il permesso di duellare con il traditore. Nichele accetta la sfida. Nel frattempo, Serlone e Angiero raggiungono Boemondo cercando di persuaderlo a tornare nel campo. Boemondo rifiuta, spiegando che è impossibilitato a farlo a causa della guerra fratricida tra suo padre e Ruggero. All’indomani Battumeno e Nichele si scontrano. Un angelo interviene in difesa di Battumeno, e il traditore viene ucciso. Tuttavia, Battumeno, a sua volta, viene gravemente ferito da una freccia nemica. Serlone, arrabbiato e desideroso di vendetta, incita i suoi compagni contro i pagani e tenta di recuperare il corpo dell’amico. Esso viene fermato da Ruggero che ordina la ritirata.

Dio ascolta le preghiere di Ruggero, preoccupato per la sorte dei cristiani, e ordina un nuovo destino per i cristiani. San Michele viene inviato in sogno a Boemondo, assumendo le sembianze del defunto Serlone, il quale lo esorta a tornare al campo e lo guida in un lungo viaggio nell’Empireo. Durante questo percorso Boemondo attraversa il cielo di Venere nel quale incontra diverse figure, tra cui suo zio Guglielmo, che gli mostra le vittorie dei pagani e lo spinge a ritornare in guerra pentito del suo precedente rifiuto. Nel cielo di Marte, incontra Costantino che gli profetizza la crociata e l’angelo Samael che lo rende invulnerabile. Quando l’indomani due messi gli comunicano la morte di Serlone, Boemondo, armato e pentito, decide di rientrare nell’esercito cristiano. Dopo aver ottenuto il perdono da Ruggero, vengono celebrati i funerali del defunto. Nel frattempo, in città si diffonde la notizia del ritorno del campione cristiano: l’esercito pagano ne è fortemente scosso. Plutone interviene fornendo a Belcane un’armatura invincibile.

Dio ascolta le preghiere di Ruggero, preoccupato per la sorte dei cristiani. San Michele viene inviato in sogno a Boemondo, assumendo le sembianze del defunto Serlone. L’angelo lo esorta a tornare al campo e lo guida in un lungo viaggio nell’Empireo. Durante questo percorso, Boemondo incontra diverse figure, tra cui Costantino che gli profetizza la crociata e l’angelo Samael che lo rende invulnerabile. Quando l’indomani due messi gli comunicano la morte di Serlone, Boemondo decide di rientrare nell’esercito cristiano. Dopo aver ottenuto il perdono da Ruggero, vengono celebrati i funerali del defunto. Nel frattempo, in città si diffonde la notizia del ritorno del campione cristiano: l’esercito pagano ne è fortemente scosso. Plutone interviene fornendo a Belcane un’armatura invincibile.

Michele si dirige verso la Calabria per incontrare Gioachino e gli affida il compito di accompagnare Roberto in una discesa agli inferi, sperando che questa esperienza lo faccia riflettere. Nascosto in una nube, Gioachino raggiunge l’accampamento dove trova Aimaro che cerca di dissuadere Roberto dalla guerra contro Ruggero. Tuttavia, Roberto conferma la sua impresa contro il fratello per ragioni di Stato.
Dopo essersi rivelato e aver messo in guardia il Guiscardo sulle conseguenze nefaste del conflitto, Gioachino, insieme ad Averardo,
decidono di condurlo agli inferi.Successivamente, vengono fatti salire su un carro magico, poi viene predetto il futuro delle due casate, cui segue la lode di Cosimo de Medici.

Sotto la guida di Gioachino, i due cavalieri continuano la visita agli inferi: giungono alle bocche dell’Inferno sulla cima dell’Etna e vi si addentrano. Plutone, temendo un nuovo assalto al suo regno, fa suonare le trombe, ma Michele conforta i tre visitatori. Successivamente, Michele mostra loro le pene dei dannati. Attraversano le tre bolge fino ad arrivare a Dite, dove Michele incatena Plutone e lo getta in un profondo fosso. Ammirano poi il palazzo degli imperatori pagani e Papi malvagi. Gioachino interroga uno di loro, che narra le abiezioni del Papato. Successivamente, osservano il palazzo abitato dai comandanti musulmani e Michele predice chi diventerà famoso nell’età moderna.
Dopo aver visto la balena assetata di regni, trovano il palazzo con i principi cristiani ingiusti. Visitano infine il purgatorio e Gioachino, Roberto e Averardo risalgono alla luce del giorno.

I tre visitatori escono dalla grotta e trovano il carro magico. Vi salgono e Michele li guida in una visita al Nuovo Mondo, profetizzando la futura scoperta di Colombo. In seguito, attraversano l’oceano e sorvolano la Spagna, dove Michele predice la grandezza dei re d’Asburgo. Passano sopra la Francia, ricordata per le guerre civili, e infine l’Italia, dove Roberto scende per raggiungere il suo accampamento.
Nel frattempo, Averardo rimane a bordo e giunge all’isola di Eneride. Qui, Michele gli indica come liberare i cavalieri trasformati in animali dalla maga. Averardo si avventura nel giardino ed Eneride, non riuscendo a sedurlo, incita gli animali verso di lui attraverso un incantesimo. Con l’ausilio di uno specchio, Averardo riesce a rompere l’incantesimo e a superare un mostro simile ad Argo, poi urta un mirto con voce umana che gli consiglia di allontanarsi.
I cristiani possono così riprendere il loro corso, mentre Eneride si solleva in aria su un carro volante.

Ricevuta una spada celeste da Santa Ninfa, Boemondo si dirige verso il campo per spronare gli uomini alla battaglia. I due schieramenti si scontrano, e presto Boemondo mostra la sua destrezza ferendo Assangurre e Solimano e uccidendo Ducato. Anche Belcane dimostra la sua abilità, fintanto che Ermanno riesce a tramortirlo con un masso.
Nel frattempo, al centro del campo, Ruggero mette alle strette i pagani. Nonostante Belcane si riprenda, i suoi uomini gli impediscono di affrontare di nuovo Boemondo: quest’ultimo, ovunque si diriga, semina morte tra le file nemiche. Trovandosi in difficoltà, i pagani si ritirano. Inseguendo Belcane, Boemondo arriva alle porte della città dove, una volta entrato, fa strage di infedeli. Tuttavia, il vecchio Apocaro interviene con la sua schiera e costringe Boemondo a ritirarsi dal campo.

Belcane non si da pace per la sconfitta subita e decide di mettere fine alla propria vita. Quando, affranto, si assopisce, Emirene gli appare in sogno per infondergli di nuovo coraggio. Alle prime luci dell’alba, i cristiani si preparano per la battaglia di fronte alla città: Apocaro desidera difendere le mura, ma Belcane e Assangurre insistono per uno scontro in campo aperto. Così i due eserciti si scontrano in campo aperto. Boemondo provoca Belcane, il quale, incitato da un demone, accetta di venire a duello. Nella lotta, l’eroe pagano soccombe e, con l’ultimo filo di voce, rivolge all’avversario la richiesta di restituzione delle sue spoglie allo zio Apocaro. Quest’ultimo l’indomani manda due messi a recuperare il corpo del nipote, che viene riportato in città e sepolto da Fatima. Ruggero allestisce poi dei giochi.

Roberto restituisce a Ruggero i territori che gli aveva tolto e avvia i preparativi per la partenza. In procinto di partire, Corrado e Erida, figlia di Enemburga, si dichiarano innamorati: l’amata spera che l’amante possa sopravvivere alla guerra e tornare da lei. Infine, l’armata si mette in movimento e, giunta all’altezza delle Isole Eolie, si unisce agli alleati italici. Abdulmeneno, istigato da un demone, decide di salpare dopo aver ricevuto da Gardo, ritornato da Palermo, notizie rassicuranti sullo stato dell’assedio.
Abdulmeneno fa sciogliere le vele al vento. Roberto e gli italiani giungono al campo, vengono accolti faticosamente e condotti a mensa.

Assangurre si reca da Apocaro per discutere una strategia, ora che Roberto è tornato portando con sé anche gli alleati italici. Decidono di sorprendere alle spalle l’esercito cristiano. Assangurre, spingendo il suo campo oltre le linee nemiche, convince Ruggero a muovere solo un’ala di cavalleria, che cattura alcuni prigionieri. Venuti a conoscenza della partenza di Assangurre, nel frattempo, i cristiani preparano l’assalto per l’indomani e alle prime luci del giorno iniziano ad avanzare. Le torri mobili vengono spinte avanti, e la flotta, entrata nel porto, è pronta ad assalire le mura. Assangurre sferra il suo attacco e costringe Ruggero a ordinare la ritirata. Con la quiete della notte, il normanno convoca il consiglio che delibera di mandare il contingente di Averardo contro i Turchi di Assangurre e di procedere con l’assalto al muro.

Il contingente guidato da Abdulmeneno arriva da Tunisi in Sicilia, e l’accampamento si stabilisce vicino a Marsala. Successivamente, incontra Assangurre che gli spiega lo stato delle cose. Il re tunisino convoca il consiglio. Mentre alcuni propongono lo scontro diretto, Assangurre invece consiglia di ostacolare l’arrivo di vettovaglie ai cristiani, e aspettare (poiché ritiene che siano invincibili in campo aperto). Ruggero, anticipando il pericolo, invia presidi alle città vicine e rafforza il vallo.
Abdulmeneno invia due ambasciatori a Ruggero: Chemino e Albiazzar. Chemino offre in modo astuto una scelta tra pace e guerra, ma Ruggero risponde che non abbandonerà l’impresa e che il re Abdulmeneno non ha alcun diritto sulla Sicilia per imporre una pace; Albiazzar, risponde con ira, accusa Ruggero di cecità verso il proprio pericolo e lo sfida a venire in battaglia. I due ambasciatori fanno ritorno e Abdulmeneno decide di muovere tutta l’armata.

Apocaro premia coloro che si sono distinti per il loro coraggio e punisce, incarcerandoli, coloro che si erano mostrati poco valorosi nella precedente battaglia. Tra questi vi è Eufile. Egli in prigione incontra Uberto che, cristiano, lo converte alla fede cristiana. Per ripagarlo, il giovane moro decide di liberare tutti i prigionieri cristiani. Acerre intercede presso il re per Eufile, che viene liberato e vestito per entrare in battaglia. Salito sul muro, Eufile osserva l’immenso esercito di
Abdulmeneno.
Ruggero dispone l’oste, non per venire a battaglia ma per difendersi e tentare qualche piccolo scontro d’avanguardia. L’attacco via mare si tramuta in una zuffa sempre più feroce ma al calare della notte si placa.
Abdulmeneno convoca il consiglio: Assangurre suggerisce che non possono più applicare la tattica precedente e che è meglio attaccare direttamente; tutti sono d’accordo. Tra i cristiani, Aimaro vorrebbe ridurre alla fame il nemico, mentre Gozzolone spinge per combattere; alla fine, anche i duci cristiani decidono di scendere in campo.

San Giorgio sveglia Ruggero e lo esorta a prepararsi rapidamente per la battaglia, incoraggiandolo a pregare Dio.
Ruggero obbedisce, si organizza e schiera le sue truppe insieme ad Apocaro e Abdulmeneno. La battaglia si scatena con ferocia: inizia con la carica degli elefanti che rompono le linee e attaccano l’esercito pagano. Seguono le prime cariche di cavalleria. Tra gli eroi cristiani, Matelda, Boemondo, Ruggero e Roberto si distinguono per le loro gesta, ma nonostante il loro valore, l’esercito cristiano si trova in gravi difficoltà, sia per terra sia per mare. Abdulmeneno continua a avanzare pericolosamente, mentre la flotta africana sembra avere la meglio. Ruggero si ritira dove Abdulmeneno sta attaccando, i due si affrontano in un duello acceso interrotto dalla confusione della battaglia. Matelda è in difficoltà, mentre Boemondo, dall’altra parte, spinge i Turchi alla ritirata. Solimano non riesce a contenere la fuga dei suoi uomini. Dopo averli messi in fuga, Boemondo raggiunge Ruggero. Quest’ultimo, rivolte a Dio le sue preghiere, ha una visione di San Giorgio, il quale gli mostra il coro di spiriti celesti che assistono la causa cristiana. Di fronte a questa visione, i pagani si ritirano, dando la vittoria alle forze cristiane.

Ruggero, seguendo il consiglio del fratello, decide di approfittare dell’oscurità per cogliere il nemico impreparato: beneficiando della notte un piccolo gruppo di soldati, guidato dallo stesso Ruggero, si intrufola in città. Ermanno viene inviato sotto mentite spoglie per raccogliere informazioni sulle forze nemiche, travestito da arabo.
Eufile, nel frattempo, libera i prigionieri cristiani, che si uniscono a Roberto e Boemondo mentre la città viene messa a ferro e fuoco. Nel frattempo, il fantasma di Belcane appare in sogno a Bettuno che, avvertito della strage in corso, raggiunge Apocaro al palazzo reale. Nonostante i tentativi dell’emiro di organizzare una difesa estrema, Ermanno, si unisce alla lotta e informa tempestivamente Ruggero, il quale assalta il palazzo e i pagani cercano di difendersi con ogni mezzo.
Con le prime luci dell’alba, gli infedeli esauriscono le forze e le difese crollano: Boemondo apre le porte del palazzo, Uberto uccide Apocaro. Con ogni resistenza superata, i cristiani possono deporre le armi: la città è conquistata. Ruggero si reca al tempio per ringraziare Dio per la vittoria ottenuta.